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Estratto Estratto
Molto forte, incredibilmente vicino (Italiano) Copertina flessibile – 28 gennaio 2016
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A New York un ragazzino riceve dal padre un messaggio rassicurante sul cellulare: "C'è qualche problema qui nelle Torri Gemelle, ma è tutto sotto controllo". È l'11 settembre 2001. Tra le cose del padre scomparso il ragazzo trova una busta col nome Black e una chiave: a questi due elementi si aggrappa per riallacciare il rapporto troncato e per compensare un vuoto affettivo che neppure la madre riesce a colmare. Inizia un viaggio nella città alla ricerca del misterioso signor Black: un itinerario ricco di incontri che lo porterà a dare finalmente risposta all'enigmatico ritrovamento e ai propri dubbi. E sarà soprattutto l'incontro col nonno a fargli ritrovare un mondo di affetti e a riaprirlo alla vita.
- Lunghezza stampa400 pagine
- LinguaItaliano
- EditoreGuanda
- Data di pubblicazione28 gennaio 2016
- Dimensioni13.1 x 3 x 20.5 cm
- ISBN-108823514428
- ISBN-13978-8823514423
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Descrizione prodotto
Recensione
Elena Loewenthal, Tuttolibri - La Stampa
In principio era il caos. Ma il caos è rimasto, e da quel giorno non ha fatto che diventare più scuro, profondo. Il caos è la realtà, il dolore inafferrabile, è tutto quello che non capisci né mai capirai. Lo dice bene Oskar, che cosa è il caos: «Quel segreto era il buco al centro di me stesso dove cadeva ogni felicità».
Chi è Oskar? Quante risposte possibili esistono alla domanda. E' il caos che le rende possibili. Oskar è un bambino, è ancora un bambino. Ma come dice il suo biglietto da visita, è anche: «inventore, designer di gioielli, fabbricante di gioielli, entomologo dilettante, francofilo, vegano, origamista, pacifista, percussionista, astronomo dilettante, consulente informatico, archeologo dilettante, collezionista di: monete rare, farfalle morte di morte naturale, cactus in miniatura, cimeli dei Beatles, pietre semipreziose e altro». E' anche un fan, seppure un poco scettico, di Stephen Hawking.
Abita a New York, anzi Manhattan, benché qualche rara volta sia andato anche nel Bronx e a Brooklyn. Non è però mai stato nel sesto distretto, una specie di Atlantide metropolitana da cui s'è fatto appena in tempo a trascinare via Central Park, prima che sparisse. Del resto, diceva a Oskar suo papà, come non pensare che Central Park venga da un altro mondo?
Il papà di Oskar è morto in una delle Torri Gemelle, l'11 settembre del 2001. Era lì di passaggio, faceva il gioielliere. Oskar sa che lui è morto. Lo sa bene perché suo papà gli ha lasciato svariati messaggi sulla segreteria telefonica di casa, prima di andarsene per sempre: Oskar li tiene nascosti, quei messaggi. Un po' per paura un po' per non fare soffrire ancora di più sua mamma. Però lui continua a cercarlo, suo padre. Lo cerca come fosse un mistero. Lo cerca dentro quell'inguaribile caos che è il mondo, con il candore e la spietatezza che solo un bambino geniale - disarmante ma anche disarmato - è capace di usare affrontando il caos.
Un po' Peter Pan e un po' Indiana Jones (ma niente di tutto questo, in fondo), Oskar cerca suo padre, armato di una chiave e un nome misterioso. Forse lo trova, alla fine del libro e dentro il caos, trova suo papà che invece di precipitare giù dalla Torre in un ultimo volo di morte, risale verso il cielo: basta girare le pagine della storia all'incontrario.
Molto forte, incredibilmente vicino è il secondo romanzo di Jonathan Safran Foer. L'ha tradotto in maniera mirabile Massimo Bocchiola. Chissà quanti aspettavano questo autore non ancora trentenne al varco, dopo Ogni cosa è illuminata. Eccolo. Con un romanzo non meno stupefacente.
Safran Foer affronta ancora una volta di petto il caos: lo sfilaccia, lo accartoccia, e poi da questa matassa densa pesca una trama, anzi un filo di trama, la segue con tenacia. Il risultato è un'armonia narrativa che sfrutta, e spiazza il caos.
Oskar è un bambino un po' speciale, anzi fantastico: si muove per i meandri della città - e del caos - con un'incoscienza calcolatrice, con intuito e determinazione. Ha inventiva da vendere, è anche timido a suo modo. Sogna di dirla tutta in faccia a chi gli sta antipatico, vagheggia un colpo di scena alla recita scolastica di Amleto (ma siccome ha letto da qualche parte che attualmente sulla terra vivono più persone di quante non ne siano mai vissute lungo tutta la storia dell'umanità, se tutti volessero recitare contemporaneamente il monologo del protagonista, non ci sarebbero abbastanza teschi). E' anche ubbidiente, a suo modo. Come quando deve andare dallo psicologo: «Martedì pomeriggio sono dovuto andare dal dottor Fein. Non capivo perché avevo bisogno di aiuto, dato che a me sembrava che quando muore il tuo papà è naturale avere le scarpe pesanti, e che se non le hai, allora sì che ti serve aiuto. Però ci sono andato lo stesso, perché se no non avrei avuto l'aumento della paghetta». Ecco, il nodo è questo: Oskar ha le scarpe pesanti. Eppure macina chilometri su e giù per New York (e non solo Manhattan), nel desiderio di risolvere il mistero. Di quella chiave, di suo padre che chissà dove è finito, dato che gli hanno fatto il funerale e tutto, ma la bara era vuota. E attraverso questa ricerca, Oskar scopre, o meglio concede al suo lettore meravigliato e colpito, sorridente e sconcertato, di scoprire altri caos. Dresda e Hiroshima. Un nonno che non parla. Un taxista riconoscente. Un inquilino centenario (forse). Tanti errori di stampa sul New York Times.
Molto forte, incredibilmente vicino è un romanzo sull'11 settembre. E' un romanzo sul caos. Sull'incomprensibilità ottusa delle tragedie. Sull'acume dei bambini. E' un libro commovente e irriverente, che ti lascia senza fiato eppure quel fiato lo tiri fino alla fine, come per magia.
Dettagli prodotto
- Editore : Guanda; 22° edizione (28 gennaio 2016)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 400 pagine
- ISBN-10 : 8823514428
- ISBN-13 : 978-8823514423
- Peso articolo : 450 g
- Dimensioni : 13.1 x 3 x 20.5 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 7,949 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
- n. 245 in Eau de Parfum da donna
- Recensioni dei clienti:
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A distanza di anni Foer non mi ha deluso regalandomi ancora forti emozioni e chiedendo in cambio soltanto attenzione ed empatia. Sarebbe riduttivo definire "Molto forte incredibilmente vicino" solo un romanzo; il libro, infatti, che si sviluppa su tre piani ove il presente del piccolo Oskar, il cui adorato papà ha perso la vita nell'attentato al World Trade Center, si interseca al suo passato prima “del giorno più brutto” ed al vissuto del nonno, a tratti fondendosi in esso, si arricchisce, strada facendo, di disegni, lettere, fotografie, caratteri grafici particolari, correzioni e sottolineature. Un testo “vivo”, quindi, e che si fa vivere.
Oskar ha nove anni, le “scarpe pesanti”, un'intelligenza fervida, piccole manie che potrebbero far pensare ad una qualche forma di autismo; suona ossessivamente il suo tamburello, sa dire frasi galanti alle signore, immagina fantastiche invenzioni e scrive lettere d'ammirazione a Stephen Hawking, si presenta agli estranei con un biglietto da visita che lo qualifica come "inventore, gioielliere, entomologo dilettante, francofilo" ma, sopra ogni cosa, ha una sofferenza adulta ed una sensibilità precoce che Foer rappresenta in modo perfetto creando per lui un linguaggio particolarissimo, coacervo di infantile ingenuità, multiforme espressività e profonda curiosità.
Oskar tenta di razionalizzare una tragedia incomprensibile e soffre di un dolore che non trova sfogo. L’appiglio, l’ancora di salvezza, è una chiave lasciata dal padre in una busta che reca soltanto la scritta "Black", una chiave che potrebbe aprire una sola serratura in una città che ne contiene miliardi e che, come tale, diventa metafora di possibilità alla quale il bambino si aggrappa con infantile fiducia e che gli consente di intraprendere un percorso che mai un adulto potrebbe intraprendere alla ricerca di risposte e del suo particolarissimo scudo al dolore.
La ricerca di Oskar porterà alla luce una fitta rete di umane quotidianità, di storie nelle storie, di vite che si intrecciano, di dolori e ricordi, episodi personali che si fondono e confondono contagiandosi a vicenda in un racconto che diventa corale, come collettivo nelle singole unicità è il dolore da cui scaturisce, una narrazione che crea un filo conduttore tra le diverse devastazioni vissute in prima persona in tempi diversi dai protagonisti sino a fondere, in un legame terribile ed alla distanza di mezzo secolo, due grandi follie della storia; quella della Grande Mela, colpita al cuore dagli aerei dirottati, e quella di Dresda rasa al suolo dai bombardamenti alleati durante la Seconda Guerra Mondiale.
Le domande del piccolo Oskar non possono tutte trovare risposta ma possono portare a ricordi capaci di lenire il dolore, all'accettazione, alla riconciliazione, alla famiglia consentendogli di usare la chiave per entrare a far parte del mondo. Possono regalare a lui, e a noi che leggiamo, il sogno di riavvolgere il nastro del tempo fino al giorno più brutto e di capovolgere così il corso della storia e delle sue terribili conseguenze.
Bella l'idea della chiave, senza timore di guastare la lettura tra l'altro voglio subito dire che l'autore ha avuto il buon senso e anche l'onestà intellettuale alla fine di spiegare chiaramente cosa apre e perché era finita dove il protagonista l'ha trovata, quindi non siamo di fronte a quelle invenzioni narrative che poi vengono lasciate a metà.
Infine invece, un po' forzato secondo me il tentativo di creare questo filo conduttore che va dalla seconda guerra mondiale alle Torri Gemelle attraverso tre generazioni anche se fatto in modo intelligente e se la storia è raccontata con garbo e alla fine ci si affeziona ai protagonisti, nonno, nonna, padre e nipote. Per il resto, ma è un problema mio, non amo molto il romanzo epistolare quindi alcune lunghe pagine di diario e lettere le ho un po' sofferte, così come sono inutili le foto sparse a casaccio qua e là, salvo quelle alla fine del libro, ma anche qui non dico altro per non rivelare troppo della trama. Altrettanto inutili, per me quasi fastidiosi, i cambi di carattere (non so se fosse la mia versione ebook o se anche il cartaceo le presentasse identiche), le pagine bianche con una o due parole e tutte queste varianti più o meno estetiche che nulla aggiungono ad una storia che è bella anche di suo. In generale una bella trama, con alcune forzature sia nei contenuti che nella forma, ma merita sicuramente di essere letto, alla fine ti lascia qualcosa soprattutto se hai vissuto (e questo vale per la maggior parte di noi) la tragedia dell'11 settembre in diretta TV.
La storia è quella del piccolo Oskar, un bambino davvero stravagante, che parla come un bambino vero non parlerebbe mai, e aspetta con ansia la lettera di Stephen Hawking. È anche la storia del papà di Oskar, e del nonno e della nonna di Oskar, e tutto alla fine si intreccia, storia piccola e Storia Grande, eventi che hanno segnato il mondo ed eventi che solo Oskar potrà ricordare. La Storia ci cammina accanto, e un giorno tocca la vita di Oskar cambiandola per sempre.
Si prova a dare un senso a quello che ci succede, ma spesso non è possibile, e in tutto il libro questo è quello che Oskar cerca di fare, chiudere il cerchio con la Grande Storia, capire e metabolizzare, per poter andare avanti, in qualche modo. E lo stesso fanno il nonno e la nonna di Oskar, anche loro travolti da un evento che ha cambiato la Grande Storia e la loro piccola storia, molti anni prima.
Mi sono trovata davanti a montagne di parole e frasi difficili da leggere, apparentemente sconnesse tra loro e dove la punteggiatura invece di semplificare complica, cercando di trovare un filo, un appiglio. Ma quello che ho capito di questo libro è che bisogna solo lasciarsi trasportare dalle parole e dalle immagini, perché l’emozione non ha bisogno di spiegazioni logiche, e verrà fuori da sola.
Sto scrivendo di getto, me ne rendo conto. Per questo posso dire solo leggetelo, e lasciatevi trasportare. Nota: l'ho letto in ebook. Credo non sia la soluzione migliore. La presenza di immagini e altri accorgimenti crea dei piccoli problemi, la lettura su carta a mio avviso è più indicata.
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