Scarica l'app Kindle gratuita e inizia a leggere immediatamente i libri Kindle sul tuo smartphone, tablet o computer, senza bisogno di un dispositivo Kindle.
Leggi immediatamente sul browser con Kindle per il Web.
Con la fotocamera del cellulare scansiona il codice di seguito e scarica l'app Kindle.
OK
Immagine non disponibile
Colore:
-
-
-
- Per visualizzare questo video scarica Flash Player
Estratto Estratto
La città dei vivi Copertina flessibile – 20 ottobre 2020
- Età di letturaDa 3 anni in su
- Lunghezza stampa472 pagine
- LinguaItaliano
- Dimensioni14.3 x 3 x 22.4 cm
- EditoreEinaudi
- Data di pubblicazione20 ottobre 2020
- ISBN-108806233335
- ISBN-13978-8806233334
I clienti che hanno visto questo articolo hanno visto anche
- Trilogia della città di K. Il grande quaderno-La prova-La terza menzognaAgota KristofCopertina flessibile
Dall'editore
Nicola Lagioia è nato a Bari nel 1973. È direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino e conduce Pagina 3, la rassegna stampa culturale di Rai Radio 3. Con Einaudi ha pubblicato Occidente per principianti (2004), Riportando tutto a casa (2009, Premio Viareggio-Rèpaci, Premio Vittorini, Premio Volponi), La ferocia (2014, Premio Strega e Premio Mondello) e La città dei vivi (2020).
«La città dei vivi insomma è finzione al suo meglio, un particolare tipo di finzione che soffia vita nei documenti del reale». Domenico Starnone, la Lettura – Corriere della Sera
«È un conto che Lagioia decide di saldare innanzitutto con se stesso, con "il segreto" che si porta dietro […] Che trasforma quell'omicidio in una dolorosa seduta analitica non solo per lui, ma per ciascuno di noi. Padre, fratello o figlio che sia». Carlo Bonini, la Repubblica
«Prima di iniziare a leggere, mi sono chiesta come avrebbe fatto Lagioia a raccontare una storia così atroce, ambigua, contorta senza soccombere sotto il peso della responsabilità […] Era difficilissimo. E lui ci è riuscito». Antonella Lattanzi, tuttolibri – La Stampa
Dettagli prodotto
- Editore : Einaudi (20 ottobre 2020)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 472 pagine
- ISBN-10 : 8806233335
- ISBN-13 : 978-8806233334
- Peso articolo : 550 g
- Dimensioni : 14.3 x 3 x 22.4 cm
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 52,398 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri)
- n. 208 in Narrativa sulla vita sociale
- n. 1,399 in Gialli e thriller di azione e avventura
- n. 3,099 in Thriller e suspense (Libri)
- Recensioni dei clienti:
Informazioni sull'autore
Scopri di più sui libri dell'autore, guarda autori simili, leggi i blog dell’autore e altro ancora
Recensioni clienti
Le recensioni dei clienti, comprese le valutazioni a stelle dei prodotti, aiutano i clienti ad avere maggiori informazioni sul prodotto e a decidere se è il prodotto giusto per loro.
Per calcolare la valutazione complessiva e la ripartizione percentuale per stella, non usiamo una media semplice. Piuttosto, il nostro sistema considera cose come quanto è recente una recensione e se il recensore ha acquistato l'articolo su Amazon. Ha inoltre analizzato le recensioni per verificarne l'affidabilità.
Maggiori informazioni su come funzionano le recensioni dei clienti su AmazonRecensioni con immagini
-
Migliori recensioni
Recensioni migliori da Italia
Al momento, si è verificato un problema durante il filtraggio delle recensioni. Riprova più tardi.
L'opera si basa sul terribile fatto di cronaca nera avvenuto nel 2016 quando due ragazzi sui 30anni, di "buona famiglia", massacrarono un 23enne dopo averlo tenuto segregato nell'appartamento di uno di loro. Il libro è cronaca, analisi, investigazione del fattaccio. Maturato tra splendori e miserie di Roma, prende in analisi la dinamica cruda dell'omicidio, ma non solo. Cerca di capire il perché, il movente dell'omicidio. Ma la risposta non é facile: noia, disagio, incapacità di intendere e volere causate dall'uso di stupefacenti non bastano a dare una motivazione, che probabilmente non c'è o è una concausa. I due assassini consumano cocaina a fiumi, hanno un legame indefinibile, si muovono nella Città Eterna senza una direzione definita, direzione intesa come punto verso cui condurre le proprie esistenze. Apparentemente le famiglie di origine dei due assassini sono "normali" ma entrambe sembrano non badare ai loro figli, li vivono quasi con distacco, quasi come se non li avessero realmente desiderati, diversamente dai genitori della vittima, che invece il figlio l'hanno desiderato tanto da andare ad adottarlo nella ex Yugoslavia, per poi vederselo strappare in un modo atroce. Ad un certo punto sembra sorgere la domanda: ma i carnefici lo sono davvero o sono anche loro vittime? Vittime di una società non in grado di fornire una visione del futuro per cui valga la pena lottare, una società che non investe nei giovani, i quali diventano sempre più bersagli di utopie, di realtà distorte che li spingono a comportamenti al limite del degrado morale e fisico.
"Tutti siamo stati giovani, tuti abbiamo fatto delle stupidaggini- Se però metto a confronto quello che combinavamo noi con il loro stile di vita, mi rendo conto di aver trascorso la giovinezza in una situazione di totale ingenuità" dice uno dei carabinieri che più si erano valere nelle indagini. Concludo dicendo che l'opera è valsa la pena distrarmi dai miei generi preferiti.
Per nulla scontato, ti prende ed è difficile staccarsi.
L’autore è bravissimo poiché riesce a farti entrare nella storia senza sconvolgerti.
Si tratta di uno degli omicidi più brutali degli ultimi anni, consumato senza motivo.
Libro Consigliatissimo
Intendiamoci. Non trovo nulla di riprovevole nello scandagliare ai fini narrativi il maggior numero di risvolti biografici, psicologici, sociologici delle figure coinvolte, fosse pure soltanto indirettamente, nella terribile storia. Non a caso tanti commenti a questo testo evocano l’esempio, o forse dovrei dire il modello, di A sangue freddo. Solo che qui dopo poco si finisce per sentirsi di fronte a una desolante monotonia umana: stravolta, penosa, allucinata, crudele, ma sempre monotonia. E sospetto che di questo si renda conto l’autore, che infatti a un certo punto giudica opportuno gettarsi in prima persona nel racconto, soffermandosi lungamente non solo sui suoi stati d’animo di inquietudine, o di vera e propria angoscia, provocati dalla meditazione addirittura ossessiva su tutta la vicenda (quanta distanza dal freddo sguardo oggettivo di Capote, che per questo fu accusato di distaccato cinismo!), ma anche su una tranche de vie autobiografica il cui innesto, a dire il vero, non sembra particolarmente funzionale.
E qui devo confessarmi tuttora incapace di sciogliere una perplessità che mi porto appresso da quando ho cominciato a conoscere Lagioia attraverso i suoi video suYouTube: è senz’altro persona molto intelligente e di grandi doti culturali, ma, a parte questo, è un candido emotivo, un gran furbo, o l’uno e l’altro? Per illustrare questo che mi guardo bene dal giudicare un infamante trilemma può essere utile soffermarsi, oltre che sul suddetto brano autobiografico, su un altro che compare un po’ prima della metà del testo (e peraltro è forse il punto dove si vola più basso).
Lo scrittore si reca a far visita ad un colonnello dei carabinieri, che come prima cosa, dopo un “Nicola entri!” pronunciato con “voce vigorosa” e una stretta di mano (che immaginiamo anch’essa vigorosa), “domandò quanti anni avessi, dove fossi nato, che studi avessi fatto, quale tipo di lavoro svolgessi. Non era un interrogatorio. Era lo Stato che posava il proprio orecchio su uno dei suoi figli per conoscerne meglio la storia.” E va bene: Grazie papà (a parte l’incongruità e direi la goffaggine dell’orecchio invece del tradizionale sguardo come complemento oggetto del verbo posare). Ma se uno si dicesse che il colonnello, in quanto anche lui stesso figlio dello Stato (o no?), avrebbe ben potuto rivolgersi ad un suo concittadino, che era venuto a conversare e non a rilasciare una deposizione da mettere a verbale, nella rispettosa e semplice chiave della civile urbanità? Che ci possiamo fare: era un uomo come “vecchi presidi di scuola, insigni linguisti e altri probi per i quali lo spirito di servizio era più importante della carriera”. M’hai detto un prospero. Ometto tanto altro di questo brano, che però andrebbe letto integralmente per non perdere nessun passaggio del flautato ossequio. Ma non posso tralasciare il passaggio in cui il colonnello chiede “Nicola, lei crede in Dio?” , e invece della seccata risposta: Affari miei, che a me verrebbe istintiva, Lagioia offre la sua premurosa disponibilità a qualificarsi agnostico. Qui l’alto ufficiale pone la cruciale domanda: Che vuol dire? Una lacunuccia culturale - forse un po’ sconcertante in chi, veniamo a sapere, è addirittura laureato (in ingegneria industriale) e di esperienze di vita ne ha conosciute a bizzeffe - la quale però non sembra affatto turbare lo scrittore: siccome lui acculturato è, deve aver pensato: Suvvia, non facciamone un caso, neanche Molly sapeva cosa fosse la metempsicosi. E chiarisce il termine al colonnello, che modestamente e saggiamente commenta “c’è sempre da imparare.” (Ma, ad onore di Lagioia, va riconosciuto che poi non si accomiata con un: Colonnello non voglio pane!)
Questo brano mi ha così irritato che stavo per decidere di porre fine qui alla mia lettura. Ma se ho acquistato il libro è stato perché me ne ha parlato in termini entusiastici un caro amico con cui spesso mi trovo d’accordo su tanti criteri di giudizio, e per questo stesso motivo ho poi deciso di arrivare fino alla fine. Effettivamente ne è valsa la pena perché, al di là dei singoli contenuti su cui ho già espresso delle critiche ed alcune altre sto per esprimere, o più esattamente riportare, la padronanza narrativa di Lagioia si fa in quanto tale apprezzare senza riserve. Il taglio delle scene, il ritmo delle entrate in campo dei personaggi, l’alternarsi dei tratti freddamente cronistici con quelli spudoratamente personali, la stessa efficacia dei dialoghi malgrado tutta la difficoltà della resa del parlato italiano sulla pagina scritta quando giustamente si vuole evitare il più possibile la scorciatoia del dialetto, in questo caso romanesco (mica sono tutti Gadda, o almeno Pasolini): tutti questi aspetti denotano una tecnica letteraria che trascina la lettura, anche se non andrei fino a condividere l’opinione di tanti lettori (tra cui il mio amico, non l’etiope, ma quello di cui sopra) per i quali si tratta di un libro che non si riesce a chiudere prima di averlo terminato.
Le altre critiche di cui dicevo non vedo motivo per esprimerle con parole mie, visto che coincidono con quelle che ha già pubblicato una lettrice su Amazon: Lo sfondo di una Roma devastata dall’incuria, dalla mondezza, dai rifiuti, dai gabbiani e dai topi pur se vera, non è l’unica immagine di questa città. La storia poi dell’olandese turista che viene a Roma per i suoi incontri pedofili è del tutto fuori contesto. Assurde ripetizioni: non fa altro che vedere persone che buttano nel Tevere le biciclette.
Le recensioni migliori da altri paesi
Highly recommended