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Mwende: Ricordi di due anni in Africa Formato Kindle
A 35 anni, malgrado una carriera avviata come ingegnere clinico, Stefania sente il bisogno di cambiare rotta. Decide di mollare tutto, un lavoro sicuro e gli affetti, e riparte con la sua valigia gialla per trasferirsi nell’arido villaggio di Matiri, in Kenya, come Direttore generale dell'ospedale St. Orsola. Lì conoscerà altri volontari, troverà amici tra i residenti, si scontrerà con una realtà a volte affascinante altre difficile da accettare, spesso combattuta tra ciò che le bisbiglia la testa e quello che le grida il cuore, sperimentando indimenticabili e logoranti montagne russe emozionali. E inaspettatamente, Stefania troverà anche l’amore.
In questo memoir, sequel del suo romanzo d’esordio “Con la mia valigia gialla”, l’autrice ripercorre la sua vita durante quei due anni, raccontando a volte fedelmente, a volte romanzandole per esigenze narrative, le storie che si è trovata a vivere. Per dare una sbirciatina alla sua Africa, una delle tante facce del seducente continente.
- LinguaItaliano
- EditoreGli scrittori della porta accanto
- Data di pubblicazione30 gennaio 2018
- Dimensioni file6101 KB
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Dettagli prodotto
- ASIN : B079CY4LSP
- Editore : Gli scrittori della porta accanto (30 gennaio 2018)
- Lingua : Italiano
- Dimensioni file : 6101 KB
- Da testo a voce : Abilitato
- Screen Reader : Supportato
- Miglioramenti tipografici : Abilitato
- Word Wise : Non abilitato
- Memo : Su Kindle Scribe
- Lunghezza stampa : 348 pagine
- Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 83,815 in Kindle Store (Visualizza i Top 100 nella categoria Kindle Store)
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Sono due romanzi simili, perché sia l'uno che l'altro raccontano della sua esperienza come missionaria in Africa, eppure sono anche tanto diversi, poiché raccolgono i ricordi di due periodi ben distinti.
“Con la mia valigia gialla” è stato tracciato sulle impressioni di un lungo viaggio in solitaria, verso un paese sconosciuto e misterioso e un incarico nell'Ospedale St. Orsola altrettanto ignoto, con al seguito soltanto una valigia che contiene pochi vestiti ma stipata di timore e una voglia immensa di fare e di trovare del bene. Invece “Mwende” narra del ritorno, tre anni dopo, nello stesso ospedale, ma questa volta con la mansione di direttrice. Dunque, in questo caso, il viaggio presenta meno incertezze e l'autrice è decisamente più consapevole di ciò che l'attende, anche se non ha piena coscienza di quali saranno le specifiche mansioni del suo ruolo.
Ma perché il titolo è “Mwende”; cosa significa? La parola è in lingua swahili e significa “amata”.
È il nome che viene assegnato a Stefania Bergo dalla gente locale e non mi è difficile credere che possa suonarle come una onorificenza, un premio immateriale ma di grande valore che rende omaggio al suo operato.
In effetti, oltre all'insicurezza e alla modestia di fondo, tra le righe traspare una grande generosità e un incontenibile desiderio di rendere al massimo delle proprie potenzialità, il che fa della missionaria/direttrice una persona oltremodo coscienziosa.
Il libro è scritto con uno stile a tratti poetico, che denota una buona componente di sensibilità, ed è principalmente centrato sugli eventi accaduti durante i due anni trascorsi a Matiri dall'autrice, ma riporta anche degli interessanti excursus sulla condizione di vita di quel tratto di terra africana, con particolare riguardo a quella femminile, tra cui spicca l'annoso e sempre persistente rito dell'infubulazione, che continua a creare gravissimi problemi, a volte anche con conseguenze mortali, al momento del parto.
In questo libro, Stefania Bergo si lascia completamente andare alla memoria e sembra non porre freni di alcun tipo al suo flusso. Non si risparmia nemmeno nel raccontare alcune sue mancanze, nel riportare pensieri ed emozioni che mostrano i suoi lati più deboli. È evidente la totale assenza di una strategia narrativa atta ad ingraziarsi il compiacimento del lettore, dimostrando così la sua totale spontaneità.
Al termine della lettura di questo intenso libro si conoscerà un po' di più l'Africa e si proverà per essa pena e passione, ma ancora di più si conoscerà la personalità dell'autrice: una donna fragile e insicura, ma altrettanto decisa e forte e non si può fare a meno di sentirla uguale a tutti noi, nelle nostre umane debolezze ma di sentirla anche diversa per il suo ardire e per il suo grande cuore.
E saremo grati di avere conosciuto Mwende.